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L’Intelligenza Artificiale (AI) permette ad un computer che riceve dati, raccolti tramite sensori (ad esempio una videocamera), di processarli e fornire una risposta. In sostanza è l’abilità di una macchina di mostrare, con i suoi limiti, capacità umane come il ragionamento, l’apprendimento e la creatività.
Oggi l’AI fa sempre più parte della nostra quotidianità. Si pensi allo shopping online, dove è utilizzata per fornire suggerimenti basandosi, ad esempio, su acquisti effettuati in precedenza, oppure ai motori di ricerca che acquisiscono dati forniti dagli utenti con lo scopo di offrire risultati sempre più pertinenti.
Fra i diversi ambiti di applicazione, oggi la troviamo integrata anche nel potenziamento e consolidamento dei processi HR, automatizzando molte attività di routine, come la gestione delle buste paga dei dipendenti o lo screening manuale dei curricula, riducendone drasticamente i tempi e potenziandone la produttività.
A proposito di AI applicata al recruiting, riportiamo alcuni esempi di come oggi le aziende utilizzino questi strumenti per intercettare il candidato “perfetto”.
Tra i casi più celebri citiamo quello del Robot Vera, soluzione innovativa progettata dalla startup Russa Stafory, diffusa in tutto il mondo e che aziende come Ikea, L’Oréal e McDonald’s utilizzano tuttora per il reclutamento di nuove risorse. Il Robot Vera contatta gruppi di persone candidate per una determinata opportunità professionale svolgendo sia la fase di screening, in base alle keywords intercettate sui curricula, sia quella di contatto dei candidati. Le prequalifiche e videocall, condotte in diverse lingue e della durata di circa otto minuti, hanno lo scopo di indirizzare ai recruiters umani, a cui spetta la scelta finale, solo i candidati migliori.
Un altro esempio degno di nota è quello dei Chatbot, ovvero programmi che simulano le conversazioni umane consentendo agli utenti di interagire con i dispositivi digitali come se stessero comunicando con una persona reale, progettati per assicurare una migliore candidate experience a coloro che si propongono per una posizione lavorativa. Tra questi annoveriamo Mya, software di messaggistica ideato da FirstJob che, integrando un tradizionale ATS (Applicant Tracking System), consente ai candidati durante l’application di avere a disposizione un avatar h24 a cui sottoporre domande sulla posizione, sullo stato della propria candidatura e di avere un supporto costante in tutte le fasi del processo di selezione. Grazie a questo BOT, i candidati possono gestire più celermente anche le criticità (ad esempio non devono più attendere i lunghi tempi della restituzione del feedback) ed i recruiters assolvere con maggiore efficienza a tutti quei compiti di routine che normalmente rendono macchinoso l’iter (come inviare un messaggio automatico di alert vacancy o per programmare il colloquio).
Ma quanto e come gli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale ottimizzano la qualità del processo di recruiting o rischiano irrimediabilmente di comprometterlo?
I vantaggi sono innumerevoli. Volendone riportare alcuni:
- veloce estrazione delle informazioni, mediante Information Extraction e CV Parsing
- automatizzazione della compilazione dei form di candidatura e dell’archiviazione di dati
- creazione di un database più ampio di curricula e opportunità
- matching più rigoroso tra le skills del candidato e quelle richieste
- valutazioni più estese sul mercato del lavoro e sulle competenze esistenti o da potenziare del candidato ricercato
- possibilità di errore ridotte: ricorrendo alla logica, le scelte di basano su decisioni più oggettive, non influenzate da agenti esterni o emozioni, e sono processate più rapidamente, senza incorrere in distrazioni o necessità di pause.
Tuttavia, come ogni macchina, anche l’Intelligenza Artificiale presenta alcuni limiti:
- è priva di valori morali e di senso etico
- non possiede alcuna capacità di giustizia, se non quella programmata, rischiando così di prendere spesso decisioni errate o incepparsi in situazioni impreviste
- non ha empatia, non riesce a ragionare in maniera trasversale e a tarare con accuratezza le soft skill di un individuo
- ha un prezzo elevato di installazione e manutenzione.
Con alcuni rischi:
- eleggere il candidato con il CV più compatibile con l’algoritmo, ma non necessariamente corrispondente al miglior profilo sul mercato o a quello più confacente al contesto aziendale in cui sarà calato (e viceversa)
- risorse in ingresso poco coinvolte umanamente nel team e verso gli stessi HR, estranei al loro onboarding
- filtri e match che, basandosi su parametri imposti all’algoritmo dall’essere umano, potrebbero reiterare sul mercato del lavoro pregiudizi e discriminazioni che spesso ignorano totalmente i diritti dei lavoratori.
Posto che la tecnologia – con i suoi pro e i contro – continuerà a fare il suo corso e a progredire, ad ogni modo spetta a noi umani il ruolo di creare a monte un modello di recruiting più etico ed inclusivo.
Alleggeriti delle attività di routine ripetitive delegate all’AI, recruiters e Responsabili HR avranno più tempo da investire sulle decisioni strategiche e potranno dedicare maggiore attenzione al rapporto umano e ai propri dipendenti, con un vantaggio per tutti.
Solo se sapremo utilizzarle strategicamente come modalità a nostra disposizione, infatti, innovazioni tecnologiche come l’lntelligenza Artificiale permetteranno di lavorare di più e meglio sull’employee retention, l’employer branding e la talent acquisition, rappresentando un’opportunità – e non un limite – per l’evoluzione dell’HR e del mondo del lavoro in generale.
“Una macchina può anche fare il lavoro di cinquanta uomini ordinari, ma nessuna macchina può fare il lavoro di un uomo straordinario.”
(Elbert Green Hubbard)