Tempo stimato di lettura: 7 minuti
Era sotto gli occhi di tutti. Gettata in un angolo da ormai qualche giorno, la carta di caramella continuava a luccicare. Chiunque entrasse in mensa poteva notarla.
Accountability significa porsi obiettivi ambiziosi e imprenditoriali, ma anche essere responsabili dei mezzi adottati nel perseguirli. Quindi, se raggiungiamo il risultato previsto aumentando il turnover del team, non innovando i metodi e non coinvolgendo gli stakeholder, saremo stati responsabili rispetto al risultato ma di certo non accountable.
La necessità di occuparsi di questa competenza nasce da una crescente complessità organizzativa: l’affidamento delle responsabilità è sempre meno prescrivibile, le priorità e i ruoli evolvono velocemente, i team sono sempre più virtuali e richiedono una gestione dei collaboratori basata sul controllo dei risultati e non delle persone. Diventa quindi fondamentale che i lavoratori sappiano orientarsi e perseguire risultati ambiziosi, in presenza o in smartworking, sviluppando il senso critico per esprimere autonomia e creare valore per i clienti, l’azienda e gli stakeholder.
Una persona guarda incuriosita la carta di caramella e con disappunto esclama: «Non posso occuparmi anche di queste cose: sono 7 ore che analizzo il bilancio! Che se ne occupi chi è “preposto” ».
Il potere che ci si riconosce è la variabile chiave dell’accountability, coloro che la esprimono si sentono infatti capaci di influenzare il contesto, di agire con efficacia e di coinvolgere gli altri verso gli obiettivi. La credenza che hanno di sé è di poter trovare soluzioni a problemi, anche in contesti incerti e complessi come il lockdown e il new normal, perché hanno fiducia in se stessi, negli altri e nel sistema, e sanno che nei problemi si nascondono opportunità di innovazione (imprenditorialità). L’un-accountability si distingue invece per la tendenza ad attribuire a circostanze esterne la responsabilità dei risultati, attivando alibi come: mancanza di tempo, attribuzione di colpe, procrastinazione, negazione dei problemi, lamentele… La credenza sottostante è che sia impossibile cambiare lo status quo. Non ci si riconosce il potere di far cambiare il destino, proprio e dell’organizzazione.
Come insegna “Il Principio di Oz: ottenere risultati attraverso l’accountability”, ispirato alla favola del Mago di Oz e scritto da R. Connors, T. Smith e C. Hickman, esiste un metodo con quattro step per rafforzare l’accountability.
Il primo step riguarda l’Espansione della visione, ossia il riconoscimento del problema e della situazione ideale attesa. Infatti, la chiarezza degli stati “As is” e “To be” rende più facile l’individuazione delle azioni per colmare il gap. Trasformare l’insoddisfazione o la lamentela in uno scenario ottimale attiva sia la possibilità di immaginare una realtà diversa, sia un senso di possibilità che stimoli l’azione. Molti hanno sperimentato questa sensazione durante il lockdown, quando è stata definita una data generale di riapertura che ha stimolato una rinnovata progettualità da parte di persone e imprese.
Un’altra persona sbotta con indignazione : «In questa azienda non si cura minimamente la pulizia, è una vergogna». La collega risponde: «Come ti piacerebbe che fosse il nostro ambiente?» . Lui: «Pulito! Ma l’azienda fa saving su tutto». Lei: «Cosa puoi fare tu per renderlo pulito?». Lui è indeciso se raccogliere la carta che lo guarda speranzosa o avvisare l’addetto delle pulizie. In ogni caso, la cartaccia l’ha reso più accountable di prima! Si rende conto che essa rappresenta tutte quelle volte in cui attribuisce la colpa ad altre funzioni perché ci sono ritardi nei processi e ai clienti perché non capiscono il prodotto; e scopre che ha il potere di pensare a una situazione migliore, di definirla e di realizzarla.
Il secondo step per essere accountable riguarda l’Assunzione della responsabilità, la scelta di prendersi cura di alcuni ambiti, anche al di là di quelli previsti dal ruolo, per colmare le zone grigie tra le fasi dei processi e tra le funzioni occupandosi dell’organizzazione nel suo insieme, e sentendosi parte non solo della propria area ma dell’intera azienda, anche se fisicamente non ci si trova nel proprio ufficio.
Il terzo step, Risolvere, riguarda la capacità di trovare soluzioni per colmare il gap tra la situazione attuale e quella desiderata, adottando il problem solving logico-creativo per esplorare soluzioni innovative.
Infine lo step dell’Agire riguarda l’execution del piano di azione definito, il “far accadere le cose”. Alleniamo la nostra accountability con domande stimolo:
- Quale realtà ho bisogno di vedere e creare per raggiungere gli obiettivi ambiziosi che voglio perseguire? (Vedere)
- Quale impronta voglio lasciare nella mia organizzazione? (Assunzione della responsabilità)
- Come alimento il problema e quali soluzioni innovative propongo (Risolvere)
- Quali indicatori dimostreranno che la soluzione ha funzionato? (Agire).
Prova a pensare alle tue abitudini di un-accountability e scegli quella in cui ti riconosci maggiormente, individua la credenza che la alimenta e quella alternativa che puoi sperimentare.
Un augurio speciale a tutti per un futuro accountable e sicuro!
Testo pubblicato nel numero di luglio 2020 della rivista Andaf Magazine, rubrica Coaching in Pillole