Quattro step per rafforzare l'Accountability

Un metodo per rafforzare il senso di responsabilità nel contesto organizzativo.

Tempo stimato di lettura: 7 minuti

Serena Candeo, Partner e Consulente Senior PRAXI Formazione e Sviluppo

Era sotto gli occhi di tutti. Gettata in un angolo da ormai qualche giorno, la carta di caramella continuava a luccicare. Chiunque entrasse in mensa poteva notarla.

Accountability significa porsi obiettivi ambiziosi e impren­ditoriali, ma anche essere responsabili dei mezzi adottati nel perseguirli. Quindi, se raggiungiamo il risultato previsto au­mentando il turnover del team, non innovando i metodi e non coinvolgendo gli stakeholder, saremo stati responsabili ri­spetto al risultato ma di certo non accountable.

La necessità di occuparsi di questa competenza nasce da una crescente complessità organizzativa: l’affidamento delle re­sponsabilità è sempre meno prescrivibile, le priorità e i ruo­li evolvono velocemente, i team sono sempre più virtuali e richiedono una gestione dei collaboratori basata sul controllo dei risultati e non delle persone. Diventa quindi fondamen­tale che i lavoratori sappiano orientarsi e perseguire risulta­ti ambiziosi, in presenza o in smartworking, sviluppando il senso critico per esprimere autonomia e creare valore per i clienti, l’azienda e gli stakeholder.

Una persona guarda incuriosita la carta di caramella e con disappunto esclama: «Non posso occuparmi anche di que­ste cose: sono 7 ore che analizzo il bilancio! Che se ne oc­cupi chi è “preposto” ».
Il potere che ci si riconosce è la variabile chiave dell’ac­countability, coloro che la esprimono si sentono infatti ca­paci di influenzare il contesto, di agire con efficacia e di coin­volgere gli altri verso gli obiettivi. La credenza che hanno di sé è di poter trovare soluzioni a problemi, anche in contesti incerti e complessi come il lockdown e il new normal, perché hanno fiducia in se stessi, negli altri e nel sistema, e sanno che nei problemi si nascondono opportunità di innovazione (im­prenditorialità). L’un-accountability si distingue invece per la tendenza ad attribuire a circostanze esterne la responsabi­lità dei risultati, attivando alibi come: mancanza di tempo, attribuzione di colpe, procrastinazione, negazione dei pro­blemi, lamentele… La credenza sottostante è che sia impos­sibile cambiare lo status quo. Non ci si riconosce il potere di far cambiare il destino, proprio e dell’organizzazione.

Come insegna “Il Principio di Oz: ottenere risultati attraver­so l’accountability”, ispirato alla favola del Mago di Oz e scritto da R. Connors, T. Smith e C. Hickman, esiste un me­todo con quattro step per rafforzare l’accountability.

Il primo step riguarda l’Espansione della visione, ossia il riconosci­mento del problema e della situazione ideale attesa. Infatti, la chiarezza degli stati “As is” e “To be” rende più facile l’in­dividuazione delle azioni per colmare il gap. Trasformare l’in­soddisfazione o la lamentela in uno scenario ottimale attiva sia la possibilità di immaginare una realtà diversa, sia un sen­so di possibilità che stimoli l’azione. Molti hanno sperimen­tato questa sensazione durante il lockdown, quando è stata de­finita una data generale di riapertura che ha stimolato una rin­novata progettualità da parte di persone e imprese.

Un’altra persona sbotta con indignazione : «In questa azien­da non si cura minimamente la pulizia, è una vergogna». La collega risponde: «Come ti piacerebbe che fosse il nostro ambiente?» . Lui: «Pulito! Ma l’azienda fa saving su tutto». Lei: «Cosa puoi fare tu per renderlo pulito?». Lui è indeciso se raccogliere la carta che lo guarda speranzosa o avvisare l’addetto delle pulizie. In ogni caso, la cartaccia l’ha reso più accountable di prima! Si rende conto che essa rappresen­ta tutte quelle volte in cui attribuisce la colpa ad altre funzioni perché ci sono ritardi nei processi e ai clienti perché non ca­piscono il prodotto; e scopre che ha il potere di pensare a una situazione migliore, di definirla e di realizzarla.

Il secondo step per essere accountable riguarda l’Assunzio­ne della responsabilità, la scelta di prendersi cura di alcuni ambiti, anche al di là di quelli previsti dal ruolo, per colmare le zone grigie tra le fasi dei processi e tra le funzioni occu­pandosi dell’organizzazione nel suo insieme, e sentendosi par­te non solo della propria area ma dell’intera azienda, anche se fisicamente non ci si trova nel proprio ufficio.

Il terzo step, Risolvere, riguarda la capacità di trovare soluzioni per col­mare il gap tra la situazione attuale e quella desiderata, adot­tando il problem solving logico-creativo per esplorare solu­zioni innovative.

Infine lo step dell’Agire riguarda l’execu­tion del piano di azione definito, il “far accadere le cose”. Alleniamo la nostra accountability con domande stimolo:

  • Quale realtà ho bisogno di vedere e creare per raggiunge­re gli obiettivi ambiziosi che voglio perseguire? (Vedere)
  • Quale impronta voglio lasciare nella mia organizzazio­ne? (Assunzione della responsabilità)
  • Come alimento il problema e quali soluzioni innovative propongo (Risolvere)
  • Quali indicatori dimostreranno che la soluzione ha funzionato? (Agire).

Prova a pensare alle tue abitudini di un-accountability e scegli quella in cui ti riconosci maggiormente, individua la creden­za che la alimenta e quella alternativa che puoi sperimentare.

Un augurio speciale a tutti per un futuro accountable e sicuro!

Testo pubblicato nel numero di luglio 2020 della rivista Andaf Magazine, rubrica Coaching in Pillole

 

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