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Vi siete mai sentiti totalmente immersi in una determinata attività? In una conversazione stimolante, o nella lettura di un libro, oppure concentrati nello sport senza sentire lo scorrere del tempo o la fatica?
Tutti questi momenti appaiono diversi tra loro, ma generano reazioni fisiologiche analoghe. Sono riferibili al cosiddetto flow: l’esperienza ottimale all’interno di un flusso di pensieri e azioni, con la percezione che il tempo scorra velocemente e tutto appaia ‘automatico’.
Il flow migliora la performance e stimola il raggiungimento di obiettivi ambiziosi, consentendo di espandere la comfort zone verso la challenge zone. Ma come si entra nel flow?
Mihály Csíkszentmihályi, un autorevolissimo psicologo ungherese recentemente scomparso (dal nome purtroppo impronunciabile), ha teorizzato la dinamica del flow, sperimentandola in contesti ad alta prestazione, come lo sport e il lavoro.
Per espandere il Sé e giungere ai livelli di concentrazione necessaria, occorre perdere momentaneamente la consapevolezza di noi stessi. Può apparire paradossale, ma per apprendere, essere creativi e risolvere problemi, l’attenzione, durante lo svolgimento dell’attività, deve essere diretta al mondo esterno: più riusciamo a non focalizzarci su noi stessi, più saremo concentrati e indirizzeremo l’attenzione verso l’esterno e sull’apprendimento che ne conseguirà.
Il flow genera la perdita di consapevolezza di Sé e del tempo, perché si è totalmente assorbiti dall’attività che si svolge, per il piacere stesso di svolgerla. Già durante il processo percepiamo che sta andando bene e sentiamo che stiamo apprendendo ed esplorando la nostra challenge zone. Quando si entra in uno stato di flow, si attivano due sistemi del tronco encefalico, la parte più antica del cervello, che regola le funzioni vitali:
- il sistema che produce dopamina e stimola motivazione, curiosità, azione e orientamento all’obiettivo
- il sistema che produce noradrenalina, che regola i livelli di stress e il sistema di ricompense, dirige l’attenzione e l’attivazione fisiologica.
L’attività percepita come appagante e sfidante attiva la concentrazione totale, se invece risulta noiosa o troppo stressante il sistema dirige l’attenzione verso altri stimoli e si perde attenzione.
Il flow attiva anche la corteccia frontale, promuovendo flessibilità cognitiva, pensiero divergente e problem solving creativo.
Ricercare il proprio flow e quindi la challenge zone, consente di rispondere alla complessità e contemporaneamente di presidiare il proprio benessere. Infatti, il flow stimola la ricerca di sfide per la nostra motivazione e le nostre competenze.
Ecco svelato il paradosso dell’accrescimento del Sé tramite l’oblio dello stesso. L’esperienza sfidante e gratificante orienta a ricercare situazioni simili e quindi a rendere il flow un automatismo, un circolo virtuoso che accresce benessere e prestazioni.
E ora tocca a te! Prova a completare il grafico inserendo le attività che ti hanno fatto entrare nello stato di Flow quelle cheti hanno portato fuori dalla zona ottimale, nell’ansia o nella noia.
Scegli un’attività che hai segnato fuori dalla zona di flow: come puoi modificare l’attività, le condizioni dell’ambiente esterno e le tue condizioni interne per portarla nella zona di flow?
Ed infine ecco alcuni suggerimenti per “stare nel flow”:
- cerca il “perché” dell’attività, perché è importante per te?
- scegli con cura l’attività importante che merita il tuo flow e il momento della giornata in cui hai più energie
- cerca i feedback durante lo svolgimento, stimolerà il sistema della ricompensa che rinnova le energie
- elimina tutte le distrazioni, pensieri e interruzioni esterne: dedica i 10 minuti precedenti il flow ad un libero sfogo, scrivi su un foglio di carta i pensieri negativi, in modo da renderli evidenti e metterli fisicamente da parte.
Buon lavoro!