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Il concetto di neutralità delle emissioni di carbonio è sempre più diffuso – consiste nel raggiungimento di un equilibrio tra le emissioni generate e quelle compensate, tramite metodologie di assorbimento – e lo è anche il tema degli impatti delle aziende sull’ambiente, che non si limitano solamente alle emissioni di gas a effetto serra (GHG), ma coinvolgono numerosi altri aspetti, come la disponibilità e la qualità dell’acqua.
In pratica, la mancanza di acqua nei prossimi decenni sarà uno dei problemi centrali legati alla crisi climatica. Le risorse idriche non saranno distribuite omogeneamente a livello geografico e porranno problematiche di giustizia sociale; pertanto, vi sarà la necessità di ottimizzarne il consumo.
Le aziende possono contribuire a salvare il pianeta limitando i consumi di acqua calcolando la propria impronta idrica o water footprint (WF), lo strumento di sostenibilità ambientale che si inserisce all’interno del processo di miglioramento in ambito ESG della competitività delle imprese.
Cos’è l’impronta idrica e perché è un supporto alla sostenibilità ambientale
L’impronta idrica1 è definita come la quantità di acqua dolce utilizzata per produrre beni o servizi. È un indicatore che si sviluppa dal concetto di “virtual water”2 e dagli scontri geopolitici avvenuti in Israele negli anni ’90 a causa della produzione di agrumi, finalizzata alla loro esportazione.
Sono stati condotti numerosi studi per dimostrare che l’esportazione di prodotti ad altissimo impiego di acqua, in un Paese con elevata scarsità idrica, rappresenta un grave problema di gestione e impoverimento delle risorse.
Invece, al contrario, importare tali prodotti significherebbe evitare il consumo di quel quantitativo di risorse idriche all’interno del Paese stesso, e quindi provvedere ad una vera e propria importazione di acqua.
Dalla Virtual Water alla Water Footprint
Agli inizi degli anni 2000 la Virtual Water si evolve nella Water Footprint, un processo che, con la stessa logica della Carbon Footprint, consente di misurare la quantità di acqua dolce utilizzata lungo tutto il ciclo di vita di un prodotto o processo, tenendo conto anche del luogo dal quale l’acqua viene prelevata.
L’oggetto della Water Footprint può essere una specifica città, un particolare bacino, un’intera azienda, un singolo prodotto o processo. Ogni individuo e ogni azienda ha una propria impronta idrica, perché tutto ciò che consumiamo, produciamo, utilizziamo, acquistiamo o vendiamo utilizza acqua nel suo processo. Ne deriva, quindi, che la comprensione della propria Water Footprint non si esaurisca alle attività (uso diretto), ma si estenda all’intera catena di approvvigionamento (uso indiretto).
A seconda del processo o prodotto a cui si riferisce, l’impronta idrica è generalmente espressa in litri o metri cubi e, oltre ad aiutarci a comprendere per quali scopi le risorse d’acqua dolce vengono consumate, è un valido strumento per valutare gli impatti ambientali causati da queste attività.
Calcolo dell’impronta idrica: i modelli
Parallelamente allo sviluppo della definizione si sono evoluti anche i modelli di calcolo, passando dalla metodologia globale e generalista della Life Cycle Analysis, che considera le risorse (in questo caso idriche) utilizzate nell’intero ciclo di vita di un prodotto/servizio (dalle fasi di estrazione delle materie prime allo smaltimento), all’approccio specialistico introdotto dalla Norma ISO 14046:20143.
Il valore della WF è il risultato della somma di tre componenti:
- acqua blu: volume delle acque dolci prelevato dalla superficie e dalle falde acquifere, destinato a scopi agricoli, domestici e industriali. Quest’acqua non ritorna a valle del processo produttivo, quindi può evaporare, venire incorporata in un prodotto o semplicemente finire in un bacino diverso da quello in cui è stata prelevata;
- acqua verde: volume di acqua piovana che non defluisce nelle acque sotterranee, quindi non arriva a diventare “acqua blu”, ma rimane immagazzinato nel suolo o in superficie. Si tratta dell’acqua che entra nel ciclo di evapotraspirazione, ovvero in parte assorbita dalle piante e in parte dispersa nell’atmosfera tramite evaporazione. È importante contabilizzarla, perché va a ridurre l’irrigazione necessaria per le colture;
- acqua grigia: volume di acqua che sarebbe necessario per diluire un certo inquinante, fino a fargli raggiungere una concentrazione così bassa da non essere dannoso. Dunque, è il volume di acqua inquinata.
La norma UNI EN ISO 14046:2014: principi, requisiti e linee guida per la conduzione e la rendicontazione dell’impronta idrica
Come anticipato, la Water Footprint può essere riferita a un prodotto, un processo o a un’organizzazione nel suo complesso. Lo standard ISO prevede che per la sua contabilizzazione vengano seguite quattro fasi principali:
- definizione dello scopo e del campo di applicazione
- analisi dell’inventario
- valutazione degli impatti
- interpretazione dei risultati.
La norma UNI EN ISO 14046:2014 si occupa unicamente della quantificazione dell’impronta idrica, mentre gli aspetti legati alla comunicazione dei risultati della WF e delle azioni intraprese per migliorarla devono essere inseriti all’interno della strategia di sostenibilità dell’azienda.
Perché lo strumento della WF è strategico per le aziende
È ormai chiaro che le organizzazioni di tutto il mondo debbano assumersi le proprie responsabilità in materia di sostenibilità e di impatto ambientale. Ci si aspetta, pertanto, che in tutti i processi produttivi vengano messi in atto meccanismi e presi provvedimenti per ridurre al minimo la propria impronta sul pianeta, che sia idrica, di carbonio, etc.
Introdurre in azienda il processo di determinazione della WF, a livello micro, consente di ottenere una maggiore disponibilità di informazioni per poter:
- efficientare i processi, identificando i punti critici di consumo dell’acqua, le inefficienze e le opportunità di miglioramento nella gestione delle risorse, riducendo di conseguenza anche i costi legati ai consumi;
- identificare i rischi derivanti dalla propria catena di fornitura, definendo i luoghi geografici dai quali viene estratta l’acqua necessaria per i propri processi e valutandone la sicurezza nel lungo periodo, sulla base della futura disponibilità di acqua;
- migliorare la rendicontazione: la water footprint rappresenta un utile strumento per la compilazione dei report di carattere non finanziario;
- anticipare le richieste del mercato e le politiche di trasparenza sugli impatti dei propri processi produttivi;
- aumentare la trasparenza verso stakeholder e shareholder, ottenendo un vantaggio competitivo di differenziazione;
- adeguarsi alle richieste dei Sustainable Development Goals (obiettivo 6 – Garantire la disponibilità e la gestione sostenibile delle risorse idriche e servizi igienico-sanitari per tutti);
- migliorare la propria catena di fornitura, affidandosi a organizzazioni consapevoli dello sfruttamento delle risorse generato.
È bene tener presente che tutte le analisi basate sul ciclo di vita richiedono un certo impegno di risorse e di tempo, necessari per analizzare tutti i gradini del processo produttivo “dalla culla alla tomba”4 . Se ogni organizzazione lungo la catena produttiva si impegnasse nel calcolare la propria impronta idrica, basterebbe sommare tutti i singoli pezzi per ottenere una visione complessiva, passando così alla prospettiva “dal cancello al cancello”5.
Neutralità idrica e vantaggi competitivi
Uno degli elementi che possono generare un vantaggio competitivo, parlando di gestione delle risorse idriche, è il raggiungimento della cosiddetta Water Neutrality.
La neutralità idrica consiste nell’azzeramento del bilancio netto della propria impronta idrica, compensando il consumo e il deterioramento dell’acqua attraverso azioni che contribuiscono a ripristinare o conservare le risorse idriche.
In termini pratici, la Water Neutrality implica misure volte a ridurre l’uso di acqua e ad aumentare l’efficienza idrica, unitamente all’adozione di strategie di gestione sostenibile delle risorse idriche, come:
- tecnologie efficienti dal punto di vista idrico
- riciclaggio e riutilizzo delle acque reflue
- raccolta e conservazione delle acque piovane
- ripristino degli ecosistemi acquatici
- protezione delle riserve idriche oppure sostegno alle comunità che non hanno accesso ad acqua pulita.
I limiti della Water Neutrality
Uno dei maggiori limiti della Water Neutrality riguarda proprio le modalità di compensazione. Mentre i gas a effetto serra generano impatti climatici a scala globale, lo sfruttamento delle acque si concentra a livello locale. Da ciò deriva che le azioni di compensazione devono preferibilmente essere svolte nello stesso bacino idrico dal quale l’acqua è stata prelevata.
Attualmente non sono ancora disponibili standard riconosciuti a livello internazionale che definiscano modalità o indicazioni per raggiungere la Water Neutrality. Anche in questo caso gli standard ISO vengono in nostro soccorso con la norma relativa alla valutazione della Water Footprint (ISO 14046), che tuttavia rappresenta solo una buona base di partenza alla quale vanno aggiunti due ulteriori passi:
- la definizione delle azioni necessarie alla riduzione e alla compensazione degli impatti idrici, con un programma di miglioramenti da svolgere entro determinate scadenze;
- il monitoraggio delle azioni, la misurazione dei miglioramenti e del raggiungimento degli obiettivi.
Quando la Water Footprint sarà occasione di miglioramento per la sostenibilità aziendale?
Sebbene la risorsa idrica al momento non sia ancora sotto i riflettori, con l’intensificarsi dei fenomeni climatici estremi, l’inasprirsi dei vincoli di disclosure e le aspettative della collettività, ci aspettiamo che al pari della Carbon Footprint diventi presto un argomento di dibattito e un’occasione di miglioramento.
Comprendere il proprio contesto operativo sotto tutti gli aspetti e per tutti i possibili impatti, ancor prima che ci sia un obbligo normativo che lo richieda, rappresenta un grande impegno in termini di tempo e risorse, ma certamente anche una grande opportunità di vantaggio, sia rispetto ai propri competitors, sia come strumento per anticipare le richieste del mercato.
1 Fonte: M.A.S.E. “un indicatore del consumo di acqua dolce che include sia l’uso diretto che indiretto di acqua da parte di un consumatore o di un produttore. L’impronta idrica di un singolo, una comunità o di un’azienda è definita come il volume totale di acqua dolce utilizzata per produrre beni e servizi, misurata in termini di volumi d’acqua consumati (evaporati o incorporati in un prodotto) e inquinati per unità di tempo. Nella definizione dell’impronta idrica è data inoltre rilevanza alla localizzazione geografica dei punti di captazione della risorsa.”
2 Virtual Water: somma tra il quantitativo di acqua contenuta fisicamente in un prodotto e il quantitativo di acqua utilizzata nel processo produttivo.
3 UNI EN ISO 14046:2014: principi, requisiti e linee guida relativi alla valutazione dell’Impronta Idrica (Water Footprint) di prodotti, processi e organizzazioni basata sulla valutazione del Ciclo di Vita (LCA).
4 “Dalla culla alla tomba”, o “from cradle to the grave”, è un’espressione utilizzata nella Life Cycle Analysis per indicare il perimetro di analisi, ovvero dall’estrazione delle materie prime necessarie al processo produttivo fino allo smaltimento del prodotto a fine vita
5 Si tratta di un’analisi del ciclo di vita limitata al proprio ciclo produttivo, dall’ingresso all’uscita del proprio stabilimento.