Evocazione di DOP/IGP: una tutela in evoluzione

Riforma del CPI e le novità legislative in campo europeo

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A cura di Gianluca Statti, Consulente in marchi PRAXI Intellectual Property

La funzione del marchio ha oramai travalicato la “mera” capacità distintiva e oggi è uno strumento chiave per soddisfare gli ingenti investimenti che le imprese riversano nel mercato col fine di raggiungere una reputazione commerciale duratura nel tempo.

Il marchio svolge dunque il duplice ruolo di identificatore del bene e delle sue qualità, elementi che, complessivamente valutati, inducono il consumatore ad accettare un prezzo di acquisto maggiorato.

Dato che la fama di un marchio, o di un segno distintivo in genere, è un aspetto che interessa tutti, è facile assistere a comportamenti di terzi che ricorrono al sound effect di un segno conosciuto altrui per trarre maggior profitto dalle loro vendite. Tale sound effect può infatti influenzare le decisioni di acquisto dei consumatori, e trova la sua massima espressione nell’effetto country origin che affligge, in particolar modo, l’Italia.

Invero, il nostro Paese gode di un’indiscussa fama internazionale perché i prodotti agroalimentari, quelli artigianali e industriali vengono spesso associati all’eccellenza del nostro territorio e della nostra manifattura.

L’italian sounding, dunque, consiste in quel fenomeno dove un segno distintivo viene costruito in modo da evocare nel consumatore la falsa provenienza di un prodotto, attitudine che si può raggiungere non solo attraverso l’adozione della bandiera tricolore, ma anche mediante la presenza di nomi e/o immagini iconiche della nostra Nazione.

La riforma del CPI e le novità legislative in campo europeo

Non è un caso che, nel novellato articolo 14 per effetto della recente riforma del Codice di Proprietà Industriale (CPI), il nostro legislatore parli espressamente di marchi evocativi vietando, inter alia, la registrazione come marchi di quei segni evocativi, usurpativi o imitativi di indicazioni geografiche e di denominazioni di origine protette.

In questo contesto normativo si inserisce il sistema dei segni geografici, più specificamente detti “indicazioni geografiche” e “denominazioni di origine”.

In Italia, oltre al su citato 14, gli articoli di riferimento sono il 29 ed il 30 del CPI, che vanno coordinati con la disciplina europea al fine di osservare il principio di primizia dell’ordinamento comunitario su quello nazionale, dato che nel primo si regolano espressamente le indicazioni geografiche e le denominazioni di origine protette.

È poi interessante notare che l’accessibilità alle DOP/IGP, disciplinata dai Regolamenti UE 1152/2012 e 1308/2013 per quanto attiene al settore vitivinicolo, è stata allargata ai prodotti non agroalimentari. Difatti, a partire dal 1° dicembre 2025 si potrà applicare il nuovissimo Regolamento UE 2023/2411, che estende il concetto di indicazione geografica ai prodotti industriali e artigianali legati alla zona geografica di produzione.

Protezione dell’Evocazione nelle DOP/IGP

Volendo rimarcare una delle caratteristiche salienti delle DOP/IGP, qualificate così come sono intese dal legislatore europeo, un elemento di spicco è certamente quello di aver riservato loro una tutela rafforzata che impedisce ai terzi non autorizzati il mero utilizzo di un’indicazione geografica o di una denominazione di origine, anche solo a scopi descrittivi o evocativi.

La tutela rafforzata delle DOP/IGP, di fatto, rende impari la competizione con i marchi, in particolare quelli collettivi e di certificazione, per via di una chiara dicotomia in tema di protezione.

Infatti, se nelle DOP/IGP l’evocazione finisce per essere vietata anche quando corrisponde ad un’indicazione descrittiva di un genus merceologico, nel marchio ad uso collettivo la presenza di tale componente può viziarne la forza distintiva.

Inoltre, c’è il vantaggio che la DOP/IGP non scade ed è immune dall’annacquamento causato dalla volgarizzazione, che invece resta una spina nel fianco per il marchio.

Sempre in tema di tutela dell’evocazione, essa si caratterizza per la portata territoriale europea e per la disciplina uniforme, talché i Regolamenti europei su citati garantiscono una protezione senza alcuna distinzione tra DOP ed IGP, sia in caso di inganno al pubblico, sia al di fuori del rischio di confusione in relazione a qualsiasi impiego, diretto o indiretto, della DOP/IGP registrata per prodotti diversi da quelli oggetto di registrazione, quando si tratti di prodotti comparabili, e sia quando tale impiego consenta di sfruttare la notorietà della DOP o della IGP, anche laddove il relativo prodotto sia utilizzato come mero ingrediente.

La base normativa europea della tutela evocativa

In proposito, vale la pena richiamare il contenuto dell’articolo 13 co. 1 lett. b) del Regolamento UE 1152/2012 che testualmente protegge i nomi registrati da:

“qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine vera dei prodotti o servizi è indicata o se il nome protetto è una traduzione o è accompagnato da espressioni quali stile, tipo, metodo, alla maniera, imitazione o simili, anche nel caso in cui tali prodotti siano utilizzati come ingrediente”.

In analogia con l’articolo 13 appena citato, si pone anche l’articolo 40 co. 1 lett. b del nuovo Regolamento UE 2023/2411, il quale prevede che:

“le indicazioni geografiche iscritte nel registro dell’Unione sono protette da qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione del nome protetto come indicazione geografica, anche se la vera origine dei prodotti o servizi è indicata o se l’indicazione geografica protetta è una traduzione è accompagnata da espressioni quali generetipo, metodo, alla maniera, imitazione, gusto, fragranza, come o un’espressione simile”.

La tutela evocativa di DOP e IGP: garanzia di unicità

Nella pratica, questa protezione estesa voluta dal legislatore europeo è stata poi confermata dalla Corte di Giustizia e dall’autorità giudiziaria italiana, pur con qualche precisazione.

Ad esempio, si è detto che, ai fini dell’evocazione, non ci si debba limitare ad analizzare solo la denominazione del prodotto, ma vada considerato tutto il contesto con il quale viene presentata la denominazione medesima.  

In altri casi si è stabilito che, al fine di accertare la sussistenza dell’illecito evocativo, si debba verificare se il consumatore, percependo la denominazione contestata, possa essere indotto a stabilire un nesso con la merce contraddistinta dalla denominazione protetta.

Segnatamente alla nozione di consumatore medio europeo, si è detto che debba essere normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, al fine di garantire una protezione effettiva e uniforme delle denominazioni registrate contro qualsiasi evocazione nell’intero territorio europeo.

Le autorità giudicanti in ambito europeo hanno dunque dato dimostrazione di non potersi discostare dai parametri valutativi adottati per i marchi in tema di DOP/IGP, senza con questo snaturare il fine originario del legislatore, talché l’evocazione permane sia quando si verifica una parziale incorporazione della DOP/IGP nel segno contestato, sia quando si verifica una somiglianza fonetica, visiva (che riguarda anche la riproduzione di elementi grafici) oppure quando si assista a sovrapposizioni concettuali.

Nel complesso, dunque, la tutela evocativa delle DOP/IGP rappresenta un unicum nel panorama dei segni distintivi ed è un sistema fortemente radicato in Europa, in particolare in Italia, dove i marchi costituiscono uno strumento complementare, più che alternativo, destinato a veder crescere una robusta rete di consensi con l’apertura ai prodotti artigianali ed industriali.

 

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