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Una nuova figura inizia a comparire nelle organizzazioni: il Chief Happiness Officer. Cristina Andreoletti, Partner e Responsabile Formazione e Sviluppo PRAXI Milano e Cinzia Sgarlata, coach e formatrice, ci spiegano di che cosa si occupa. Cristina e Cinzia sono Geni Positivi certificati.
Che cosa significa essere Esperti di Felicità e come vi siete avvicinate, in età professionale matura, a questa nuova disciplina?
CRISTINA: La Treccani definisce il consulente come il professionista a cui si ricorre per avere pareri, consigli o chiarimenti su materia di sua competenza. Il consulente è quindi non solo colui che possiede capacità di lettura del contesto e di ascolto/analisi dei bisogni espressi dal cliente, ma soprattutto colui che utilizza il pensiero prospettico per intercettare nuovi scenari e conseguentemente aggiornarsi ed arricchirsi di nuovi saperi per identificare le soluzioni più efficaci ed anche non immaginate dai clienti.
Ed è proprio sulla base di questa premessa che mi sono prima avvicinata e poi innamorata della Scienza della Felicità e delle Organizzazioni positive. Attraverso lo studio, la formazione ad hoc con l’organizzazione maggiormente autorevole in Italia sul tema, 2BHappy Agency, e l’integrazione di know-how preesistente tra i quali l’intelligenza emotiva oggi posso accompagnare le Aziende che vogliono fare evolvere la cultura organizzativa per renderla maggiormente in linea con lo scenario di business incerto e complesso nel quale operano e che richiede responsabilizzazione, proattività, resilienza, innovazione, motivazione tutti aspetti che sono fortemente influenzati dall’ambiente di lavoro e dalle modalità di valorizzazione delle persone. Se le persone si sentono, infatti, autenticamente apprezzate e si realizzano fioriscono e tutti gli aspetti citati precedentemente emergono in modo proporzionale. Di pari passo, per un disegno coerente, sono necessari anche interventi su strutture, processi, sistemi premianti.
CINZIA: Essere esperti di felicità significa fornire le giuste argomentazioni scientifiche a supporto di una materia considerata comunemente fino a ieri come effimera, superficiale, frivola, soprattutto in ambito aziendale. Nel divulgare la scienza della felicità e nell’allenare individui e organizzazioni a sviluppare una cultura basata sul pensiero positivo e sul capitale sociale e a praticare l’intelligenza emotiva, ho la grande responsabilità di aiutare gli altri a migliorare la loro vita, a far prosperare organizzazioni che sentano come primo scopo evolutivo quello di mettere al centro in modo autentico il benessere della persona, a partire in primis dai propri collaboratori, fino ad arrivare a tutti gli stakeholders e al tessuto sociale, politico ed economico con cui si interfaccia l’azienda. Credo che questo mi contraddistingua dalle professioni considerate ‘tradizionali’.
Come esperta di Scienza della Felicità e delle Organizzazioni Positive, ho scelto la formazione da parte di 2bhappy Agency, il primo hub metodologico italiano specializzato in questa disciplina. Ho studiato tantissimi libri di autori internazionali, ho frequentato diversi corsi formativi, ho analizzato più case histories. Si tratta di una professione per la quale mi aggiorno costantemente e la cui formazione continua senza sosta.
Essere esperti di felicità significa fornire le giuste argomentazioni scientifiche a supporto di una materia considerata comunemente fino a ieri come effimera, superficiale, frivola, soprattutto in ambito aziendale.
Quali sono le competenze hard e soft necessarie per svolgere il vostro lavoro?
CINZIA: Se parliamo del ruolo di Chief Happiness Officer, tra le hard skills bisogna sviluppare la conoscenza dei principi e dei riferimenti teorici delle 4 leve su cui si basa il modello delle competenze di questo profilo, ovvero CULTURAL TRANSFORMATION, CORPORATE HAPPINESS, POSITIVE LEADERSHIP, POSITIVE ORGANIZATION. Il presidio di queste 4 dimensioni deriva dalla padronanza di 8 competenze che caratterizzano la professionalità innovativa ed integrata del CHO e che sono il contenuto della formazione che si apprende in aula.
Con riferimento alle soft skills, per essere un Chief Happiness Officer bisogna necessariamente fare un lungo lavoro su se stessi, per allineare bisogni, talenti e valori personali al proprio scopo e successivamente a quelli dell’organizzazione in cui si opera, adottando comportamenti congruenti, comunicando in maniera autentica e positiva e mettendosi al servizio degli altri in aderenza al principio della felicità di tutti.
Quali sono le caratteristiche delle organizzazioni che richiedono il vostro intervento in qualità di Esperte di Felicità e quali saranno le evoluzioni di questa professione?
CRISTINA: Ad oggi le Aziende che richiedono esplicitamente interventi sulla felicità in Azienda e sul trasformare l’impresa da organizzazione tradizionale in organizzazione positiva sono poche, ma è solo questione di linguaggio e di condivisione di significati, ed in particolare di attribuire il significato non solo emozionale alla parola felicità. Mentre se utilizziamo un linguaggio diverso, ovvero parliamo del bisogno delle Aziende di avere persone maggiormente ingaggiate, motivate, curiose, proattive, innovative e che sanno auto-organizzarsi attraverso la condivisione di uno scopo forte e collettivo, la richiesta è in aumento, anche perché da un lato le modalità di lavoro agile richiedono la presenza di questi aspetti, dall’altro le nuove generazioni le ricercano. Le tipologie di Aziende che richiedono questi risultati sono differenti tra di loro, possono essere multinazionali o imprenditoriali, grandi, medie o piccole. Nel momento in cui intraprendono con resilienza questo percorso di trasformazione ne traggono benefici significativi, che possono misurare attraverso survey e cruscotti del prima e dopo inserendo indicatori quali assenteismo, innovazione, produttività, vendite e retention.
Lo scenario che abbiamo vissuto negli ultimi mesi si è rilevato uno stress test per le Aziende, che ha messo a dura prova i modelli più tradizionali ed al contempo ha fatto emergere, ancora di più, come priorità la necessità di rivedere i modelli organizzativi, il sistema di valori, i principi e le credenze su cui oggi la maggior parte dei leader fonda il proprio approccio al lavoro.
CINZIA: Credo che gran parte delle aziende debbano necessariamente cambiare il modello culturale che predomina oggi, non più funzionale per il benessere della società e nel rispetto dell’ambiente. Domani non saranno più sostenibili quelle aziende che hanno come primo interesse solo quello di fare profitto. Da un’indagine fatta nel 2019 da Salesforce su più di 8.000 clienti nel mondo, è emerso che le generazioni X e Z sono molto più attente di quelle precedenti a rivolgersi ad aziende con valori legati all’onestà, affidabilità, trasparenza, autenticità, trasparenza, rispetto della privacy. Il Chief Happiness Officer sarà sempre più non solo una professione, ma un mindset che ognuno dovrà necessariamente assorbire per migliorare a livello eco-sistemico l’azienda in cui opera, le nostre società e l’ambiente in cui viviamo, nel rispetto del pianeta.
Per l’emergenza Coronavirus abbiamo assistito al passaggio repentino allo smart working, ad un incremento delle lezioni a distanza, abbiamo iniziato in massa a fare la spesa on line… Possiamo dire che si è scoperto un altro modo di lavorare, ma anche di vivere?
CINZIA: Assolutamente. Questo periodo di clausura imposta ha finalmente fatto aprire gli occhi a tantissime persone, che hanno scoperto quanto l’equilibrio vita privata/lavoro sia fondamentale. Mi auguro che CEO, Direttori Generali e coloro alla guida delle organizzazioni abbiano capito che c’è la possibilità per alcuni tipi di ruoli di essere produttivi anche lontani dalla struttura aziendale. Abbiamo capito che possiamo vivere con molto meno di ciò che abbiamo oggi, senza precludere il nostro benessere. Abbiamo dato più valore alle cose importanti, ai nostri affetti, al tempo, la risorsa più preziosa che abbiamo.
CRISTINA: Lo scenario che abbiamo vissuto negli ultimi mesi si è rilevato uno stress test per le Aziende, che ha messo a dura prova i modelli più tradizionali e al contempo ha fatto emergere come priorità la necessità di rivedere i modelli organizzativi, il sistema di valori, i principi e le credenze su cui oggi la maggior parte dei leader fonda il proprio approccio al lavoro. Possiamo dire che il nostro modo di lavorare non sarà più come prima e che le sfide per i manager non mancano: gestire il presente, immaginare il futuro del business, generare engagement, coraggio, fiducia nei team e nei singoli supportandoli nello sviluppo ed apprendimento di nuove competenze. Prendendo a prestito le parole di Barack Obama sulle qualità del vero leader, sarà importante farlo con autenticità, coerenza, sincerità e sapendo cogliere i sentimenti altrui. Il lavoro non ci manca e se vogliamo cogliere almeno un aspetto positivo di questa terribile emergenza COVID-19, come ci insegna la scienza della felicità, abbiamo davvero l’opportunità con la fase della “rinascita” di creare dei nuovi contesti di lavoro nell’ambito dei quali benessere e risultati andranno di pari passo. In quest’ottica sarà opportuno dotarsi di una cassetta degli attrezzi che rafforzi la conoscenza di sé ed alleni le abilità per essere un eccellente Manager Coach positivo.
La felicità non si trova, la si costruisce e la si coltiva sapendo “cogliere l’attimo”, senza essere condizionati dagli accadimenti del passato o ansiosi per l’incombere del futuro.
Quale percorso di studio suggerireste ad uno studente che intenda ricoprire questo ruolo in futuro? Questa materia è presente nei percorsi Universitari?
CINZIA: Inizierei da un percorso di Personal Empowerment, in cui la persona costruisce l’espressione autentica del vero sé, attraverso la scoperta dei propri bisogni, talenti, passioni, valori e il proprio scopo di vita. Un percorso di Coaching, successivamente, aiuterebbe a identificare il giusto approccio verso l’altro e a tirare fuori e valorizzare il meglio di sé. E per questo suggerisco di affidarsi ad una scuola certificata da un ente internazionale serio, affidabile e riconosciuto, come International Coach Federation. Infine approfondirei lo studio della Scienza della Felicità e la formazione in Chief Happiness Officer. Ad oggi in Italia l’Italian Institute for Positive Organization è l’ente più serio e preparato in materia. Purtroppo non esistono ancora delle facoltà universitarie che abbiano attivato un unico corso che integri tutto questo, ma mi auguro che in futuro possano esistere dei corsi magistrali che preparino le nuove generazioni a mettere al centro della propria professione la felicità di se stessi e degli altri.
CRISTINA: Confermo tutto quello che ha indicato Cinzia integrando nel processo di self empowerment un buon livello di conoscenza teorica e pratica sulla Intelligenza Emotiva, acquisendo un bagaglio importante attraverso i percorsi di certificazione di Six Seconds quale organizzazione maggiormente autorevole a livello worldwide ed una conoscenza di organizzazione aziendale e cultura di impresa.
Il vostro consiglio finale?
CINZIA: Io ripeto sempre che quando l’amore è presente in te, trovi il senso in ogni cosa. Essere felice per me significa sentirsi ricchi dentro, abbondanti di amore per la vita, per gli altri, per tutto ciò che ci circonda, con un profondo senso di gratitudine. E quando hai trovato la tua missione di vita, ti doti della giusta resilienza per affrontare le difficoltà che nel tuo cammino troverai, e ti occupi di fare felici gli altri, non puoi che aver trovato il senso in ogni cosa.
CRISTINA: A mio avviso la felicità non si trova, la si costruisce e la si coltiva sapendo “cogliere l’attimo”, senza essere condizionati dagli accadimenti del passato o ansiosi per l’incombere del futuro. È vero, però, che la felicità è molteplice ed assume forme diverse per ognuno di noi. Il mio augurio è che ciascuno trovi la propria forma.